sabato 7 luglio 2007

L'ORSACCHIOTTO MISTERIOSO

Tutto cominciò la sera della vigilia di Natale, quando guardai fuori dalla finestra…
Ah, voi non sapete che ho la casa di fronte a un negozio di giocattoli e guardando dalla finestra, vidi davanti a me, nella vetrina, un orsacchiotto.
L’orsacchiotto mi guardava, come per dirmi: “Mi vuoi per Natale? Dai, vieni a prendermi!”
Proprio in quel preciso istante, minuto, ora, giorno, mese, anno, la mamma mi chiamò.
“Cosa vuoi per Natale?”
Io risposi, indicando fuori dalla finestra: “Ecco, vorrei quell’orsacchiotto!”
La mamma tacque; pensò a lungo, chissà a cosa e dopo mi disse: “Forza, andiamo a tavola, la cena è quasi pronta”.
Io andai a tavola, contenta di aver capito che sicuramente stava vedendo il prezzo dell’orsacchiotto.
Per cena c’era una minestra verde.
Papà, che era seduto accanto a me, mi disse: “Si vede che hai una passione per gli orsacchiotti. Da quando sei nata non hai voluto altro che orsacchiotti per regalo”
“E’ il mio regalo preferito” spiegai io. “E poi guarda, papà, un orsacchiotto sta anche su questa vestaglia rosa che indosso. Se mi regalerete un altro orsacchiotto, lo chiamerò Teddy, come c’è scritto sulla mia vestaglia”.
Dopo aver finito di mangiare riandai alla finestra. Guardai verso la vetrina.
Mi sembrava incredibile!
L’orsacchiotto aveva un sorriso sulle labbra!
Poi osservai tutto il negozio come era addobbato: nastri rosa e il solito fiore rosso che si regala a Natale.
Alla vetrina si affacciò la signora Virginia Stock, una vecchia signora dai capelli grigi e dagli occhi castani.
Aveva un vestito rosso con disegnate le stelle di Natale.
Poi mi rimisi a vedere il negozio: c’erano mille e mille regali.
Il negozio si chiamava “Feste & Doni”; l’insegna aveva dei caratteri grandi e doppi e brillava d’oro e di rosso.
Era scesa la notte e mi ero messa a letto tranquilla.
Ero appena riuscita ad addormentarmi, quanto sentii da lontano “DLING DLONG” e il rumore di una porta che si apriva.
Non avevo paura dei fantasmi; perciò pensavo di essere addormentata e che stavo sognando.
Ma dopo qualche secondo sentii quei rumori di nuovo. E poi di nuovo. Cinque volte.
Stufata mi alzai, andai nella stanza dei miei genitori ma vidi che mamma era uscita.
Papà mi disse: “Mamma è andata a prendere una specie di sorpresa”.
Sperai che fosse l’orsacchiotto del negozio di fronte. E così, col cuore pieno di speranza, tornai al letto.
Il mattino seguente, per la prima volta nella mia vita, mi svegliai all’alba. Era una calda giornata, per essere dicembre. Era lunedì, sì, ma era pure Natale.
Ma faceva davvero davvero caldo. Infatti mi misi un top e una gonna che arrivava ai quei cosi, come si chiamamo? I polpastri? Ah no, i polpacci.
Mi misi un cappellino in testa; volevo uscire in giardino, ma mamma mi fermò.
“Ehi” mi disse, “non scartiamo i regali?”
Così aprii il pacco marrone (era il mio colore preferito); scartai con ansia. Dentro c’era l’orsacchiotto che avevo sempre sognato!
Corsi alla finestra.
Mamma aveva preso proprio l’orsacchiotto che stava in vetrina!
L’orsacchiotto però, è strano a dirsi, aveva uno sguardo assonnato.
Aveva il colore dei sandaletti, che mi ero messa perché faceva caldo.
L’orsacchiotto piano piano apriva gli occhi e questo non mi rassicurava per niente.
Pensai quindi che avesse le pile, ma mamma mi disse: “Mi ha detto la signora Stock che è un orsacchiotto di peluche e quindi non ci sono le pile”
“Mamma” dissi io, “allora perché l’orsacchiotto sta aprendo gli occhi?”
Ma mamma sembrava che non mi aveva ascoltato; disse: “Allora, manterrai la promessa e lo chiamerai Teddy?”
“Sì mamma” risposi io un po’ scocciata.
Sapete, ero un po’ permalosa e quando qualcuno non rispondeva a una domanda mi offendevo.
“Ah, comunque, buon Natale” continuai io.
“Anche a te” risposte mamma.
Nella mia casa non si forma mai l’eco.
Eppure sentii la frase “Anche a te” un’altra volta.
L’orsacchiotto sembrava che muovesse la bocca.
“Mamma, ma sei proprio sicura che non ha le batterie, Teddy?”
“Sicura” rispose lei.
“Sicura sicura?”
“Sicura sicura”
Dopo una bella giornata al mare (eh sì faceva così caldo che facemmo il pranzo di Natale al mare), tornammo a casa. Era sera.
L’orsacchiotto aveva il sorriso sulle labbra, esattamente come quando lo avevo visto in vetrina. Questo mi tranquillizzò.
Ci mettemmo a tavola per cena. Misi a tavola anche lui, come se fosse un centrotavola e gli misi una candela rossa in testa.
Proprio nel momento in cui accesi la candela, l’orsacchiotto si spostò come se non volesse scottarsi.
Fortunatamente anche mamma lo vide e disse: “A questo punto non sono proprio certa che Teddy non abbia le pile”.
Anche papà lo vide e disse: “Fo-fo-forse la fi-finestra è aperta e c’è vento.”
Questo mi ritranquillizzò.
Andai a letto, ma sentì parlare qualcuno.
La voce diceva: “Pensavo che l’accoglienza fosse un pochino più entusiasta”
Andai in cucina e trovai l’orsacchiotto un po’ scoraggiato. Ma… incredibile!
Era lui che parlava!
Io gli chiesi: “Ehi, vediamo se hai imparato il tuo nome. Come ti chiami?”
L’orsacchiotto aveva già chiuso gli occhi. Allora io mi voltai e dissi: “Mah…era solamente un sogno…”.
Tornai al letto. Il giorno dopo, santo Stefano, era il giorno in cui dovevamo partire per la settimana bianca.
Portai anche il mio orsacchiotto che aveva ancora gli occhi chiusi.
Questo mi ri-ri-tranquillizzò (vuol dire che avrà sempre gli occhi chiusi, pensai, anche se non ne ero molto convinta).
Arrivati in albergo disfacemmo le valige. Io mi misi la tuta, presi gli sci e tutto l’occorrente per andare sulla neve. Eravamo andati in grandissimo villaggio chiamato Evragon.
C’ero già stata l’anno prima e avevo incontrato una bambina, Stilfy, che era diventata mia amica. Mi aveva detto che anche in quel soggiorno ci sarebbe stata.
E infatti appena arrivati sulle piste da sci, con Teddy in braccio, vidi Stilfy che mi aspettava, davanti al bar Nevebianca (anche se per la verità era piuttosto sporca la neve davanti al bar…).
Incredibile! Stilfy aveva in braccio un orsacchiotto identico a Teddy!
“Stiilfyyyy” gridai io.
“Ciao, da quanto tempo…” rispose lei.
“Bello quell’orsacchiotto. Guarda, è quasi uguale al mio”.
Il suo era rosso ed il mio marrone, per il resto sembravano uguali uguali.
Mi accorsi andando nella sua stanza che il suo orsacchiotto (di nome Trabby) non parlava, però sembrava seguire con lo sguardo il mio.
Ma doveva essere la luce del sole, che splendeva davvero forte anche il 26.
Io dissi il mio segreto a Stilfy. “Sai che Teddy, il mio orsacchiotto, parla”.
“Davvero… ma dai, non ci credo”
“E’ normale per noi orsacchiotti…” Teddy aveva parlato. Stilfy rimase senza fiato.
“Ehi … Stilfy… ma sei diventata una statua?”
“Guarda che anch’io parlo” disse Trabby.
Stilfy svenne.
Beh, sapete, Teddy era veramente un orsacchiotto misterioso.
E anche Trabby.
Alla fine della settimana bianca, Stilfy e io parlammo per circa quattro ore e alla fine mi disse “Ho visto che vicino casa tua stanno facendo i lavori. Ebbene, per una mia casa!”
“Abiteremo vicine!!!” urlai io.
“E potremo dirci tutti i giorni cosa hanno fatto i nostri orsacchiotti”.
“E Teddy e Trabby potranno incontrarsi quando vorranno e chiacchierare”.
Così dopo dieci anni, ho fatto diciott’anni ieri.
E abbiamo festeggiato io e Stilfy.
E Teddy e Trabby mi hanno cantato “Tanti auguri a teeee”

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